Scoperti in Dancalia da parte di un gruppo di ricercatori italo-eritrei nuovi resti di Homo databili ad un milione di anni
fa. Nello stesso sito fu scoperta nel 1995 la “Signora di Buya”
Da National Geographic Italia 07 gennaio 2011 http://www.nationalgeographic.it/scienza/2011/01/07/foto/cranio_buya_nuovo-163359/1/
Resti fossili di un Homo erectus/ergaster, databile a circa un milione di anni fa, sono stati scoperti a metà dicembre nel bacino sedimentario di Buya, in Eritrea, dal team italo-eritreo del “Progetto internazionale Buya”. Nell’immagine, l’osso frontale, fotografato pochi istanti dopo il ritrovamento. Secondo i ricercatori, questa scoperta permette di gettare nuova luce su un periodo chiave, ma anche tra i più oscuri, della storia evolutiva del genere Homo. Proprio allora infatti si sviluppano le direttrici che porteranno, circa 400 mila anni più tardi, alla comparsa dei nostri diretti antenati e, in seguito, all’affermazione della specie Homo sapiens in questa stessa area dell’Africa orientale. La scoperta è particolarmente significativa perché, per lo stesso periodo, i reperti fossili a disposizione in Africa sono scarsissimi e, tranne quelli di Buya e il cranio di Daka, in Etiopia, anche piuttosto frammentari.
Trovare un fossile umano non è certo cosa di tutti i giorni, come dimostra l’esultanza dei ricercatori che portano in trionfo il paleontologo Massimo Delfino, autore del ritrovamento, subito dopo la scoperta del fossile. Nel gruppo, da destra: Clément Zanolli, Tsegai Medhin, Alfredo Coppa, Massimiliano Ghinassi, Massimo Delfino, Mauro Papini, Francesco Genchi.
Fotografia di Clément Zanolli
Il frammento di osso frontale visto di lato e dall’alto. I reperti fossili umani trovati nel sito sono, oltre alla porzione di osso frontale umano, comprensiva del toro e di parte dell’orbita, anche tre ulteriori frammenti di calotta cranica e altri elementi minori dello scheletro post-craniale. Secondo i ricercatori, i reperti sono verosimilmente attribuibili a Homo ergaster/erectus.
Fotografia di Tsegai Medhin
Massimo Delfino, paleontologo presso l’Università di Torino, mostra il reperto appena scoperto, il 13 dicembre. “Devo dire grazie a un momento di noia”, racconta il paleontologo. “Stavamo rilevando la posizione di alcuni reperti, un lavoro di totale routine, e io mi stavo annoiando sulla mia linea, quando per puro caso ho trovato il frammento di cranio”.
Nel 1995 nella stessa area il paleontologo Lorenzo Rook dell’Università di Firenze aveva trovato il cranio di Homo ergaster/erectus UA-31 in uno stato eccezionale di conservazione. Il fossile è conosciuto come “la Signora di Buya”.
Fotografia di Tsegai Medhin
Veduta dell’area del bacino di Buya. Questa regione, che si estende per numerosi chilometri nella Dancalia eritrea, dopo la nuova scoperta appare come una delle aree a più alta potenzialità per la ricostruzione della storia evolutiva della nostra specie. “I risultati ottenuti nel corso della campagna di scavo ed esplorazione del 2010 premiano l’impegno e la costanza di tutto il gruppo di ricerca”, dice Lorenzo Rook, paleontologo presso l’Università di Firenze che nel 1995 scoprì il cranio della Signora di Buya”. Con questa nuova scoperta la regione della Dancalia eritrea si conferma di cruciale interesse per la paleontologia e paleoantropologia del Pleistocene inferiore africano”. Le attività di ricerca ed esplorazione connesse al progetto Buya, hanno ottenuto nel 2005/2006 il supporto del Committee for Research and Exploration della National Geographic Society, che ha supportato il progetto (coordinato dallo stesso Rook) dal titolo “Pleistocene Homo erectus (and other mammals) dispersal pathways along the western coasts of the Red sea (Eritrea and Sudan)“.
Fotografia di Tsegai Medhin
Francesco Genchi (a destra) e Bereket Asmarom (a sinistra) osservano la superficie di scavo al sito di Wadi Aalad sotto lo sguardo vigile di uno dei guardiani locali Saho.
L’area di Mulhuli-Amo, raccontano i ricercatori, è molto ricca di manufatti litici di tipo acheuleano (strumenti a forma di mandorla scheggiati da entrambi i lati risalenti a un periodo compreso fra 750.000-120.000 anni fa circa), che ricoprono a centinaia la superficie intorno al sito.
Fotografia di Tsegai Medhin
L’archeologo Yosieph Libsekal, direttore del Museo Nazionale dell’Eritrea, mentre lavora al recupero dei resti di un mammifero fossile al sito di Buya. Infatti, raccontano gli studiosi, assieme ai manufatti sul sito è presente una grande quantità di fossili animali: elefante, ippopotamo, rinoceronte, bufalo, antilopi di varie taglie, coccodrilli, tartarughe, varani, serpenti. Questi resti testimoniano la ricca biodiversità che caratterizzava l’ambiente all’epoca di formazione del deposito. Inoltre, spiegano ancora i ricercatori, questi ritrovamenti indicano che Homo visse in un ambiente subtropicale umido e che il sito rappresenta ciò che rimane di un antico delta sulla sponda di un lago.
Fotografia di Tsegai Medhin
I ricercatori impegnati nello scavo a Wadi Aalad dove, nel 1995, fu recuperato il cranio fossile di Homo erectus/ergaster, conosciuto come la Signora di Buya. L’equipe che lavora al progetto è composta da ricercatori del Museo nazionale Eritreo di Asmara, dell’Università di Roma “La Sapienza”, dell’Università di Firenze, dell’Università di Padova, dell’Università di Torino, del Museo “Pigorini” di Roma, dell’Università di Tarragona e del Museo Nazionale di Storia Naturale di Parigi. Il “Progetto Internazionale Buya” è stato recentemente finanziato nell’ambito dei Progetti Grandi Scavi di Ateneo dell’Università di Roma “La Sapienza” e dalla Direzione generale per la Promozione e Cooperazione culturale (Missioni archeologiche) del Ministero degli Affari Esteri. “La soddisfazione della nuova scoperta è velata dalla scomparsa di Habtom Kashai, tecnico del Museo di Asmara e collaboratore storico del Progetto Buia”, dice Ernesto Abbate, geologo presso l’università di Firenze e coordinatore del progetto Buia dal 1994. “Habtom è stato il primo collaboratore eritreo a trascorrere stages di formazione in Italia, presso il laboratorio di Paleontologia dei vertebrati dell’Università di Firenze”. Nelle prossime campagne, fanno sapere i ricercatori, si procederà allo scavo sistematico dell’area, finalizzato al recupero di ulteriori reperti umani fossili e alla più precisa definizione del contesto cronologico, ambientale e culturale.
1995 -