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Finalmente risolta la cronica mancanza di una moderna e affidabile rappresentazione cartografica della macro regione dell’Afar, della “nostra” Dancalia disponibile per tutti.
La tormentata quanto appassionante storia dell’esplorazione della Dancalia, descritta ampiamente nei volumi “Dancalia. L’esplorazione dell’Afar, un’avventura italiana” (IGM-Tagete edizioni 2009) si è riflettuta di conseguenza anche sulla storia della rappresentazione cartografica della regione. Riassumendo brevemente ed in maniera schematica alcuni passaggi fondamentali nella descrizione cartografica di quest’area rimasta inesplorata e mal descritta per molti secoli.
Nelle varie esplorazioni e viaggi in Etiopia effettuati nel Medio Evo e nel Rinascimento la Dancalia era stata toccata dagli Europei solo marginalmente. Poche descrizioni, molto imprecise, non derivate da una conoscenza diretta non avevano contribuito a svelare i segreti della misteriosa regione. Pochissimi avevano tentato di attraversala e tra questi solo alcuni restando incolumi. La Dancalia desertica del bassopiano, a differenza dell’Abissinia storica regione dell’altopiano, continuò a rimanere una terra sconosciuta. Occorre quindi arrivare agli inizi del XIX secolo perché i primi occidentali, dopo i romani, gli italiani e i portoghesi, tornino nuovamente in Etiopia e si avventurino in Dancalia. In quel secolo le potenze coloniali europee iniziarono ad affacciarsi sul continente africano, che in breve tempo divenne il nuovo campo su cui si esercitavano le loro mire espansionistiche. La prevista apertura del canale di Suez (1869), strategicamente importantissima perché permetteva di raggiungere le Indie senza circumnavigare l’Africa, fece sì che le nuove potenze coloniali, soprattutto Francia ed Inghilterra, concentrassero maggiormente gli sforzi verso le regioni africane che si affacciavano sul Mar Rosso.
L’espansione delle nuove potenze coloniali europee nell’area del Mar Rosso spinse anche l’Italia, da poco unificata (1860), ad intraprendere una sua piccola iniziativa in Africa Orientale, dove l’approccio era più facile per la presenza già radicata di missioni cattoliche e per il già avvenuto invio massiccio d’esploratori italiani a preparare il terreno. Il governo italiano si pose seriamente il problema dell’esplorazione della Dancalia, soprattutto a partire dal 1869, quando, tramite Giuseppe Sapeto e poi tramite la Compagnia Rubattino, acquistò la Baia di Assab. Diventava fondamentale trovare una via che dal Mar Rosso portasse direttamente all’altopiano abissino per far funzionare lo “stabilimento” di Assab come punto di partenza per una penetrazione economica in Etiopia. Quindi la maggior parte delle spedizioni in Dancalia nell’epoca pre-coloniale e negli anni successivi, ebbe come finalità “dichiarata” l’esplorazione geografica di un’area sconosciuta con annessa una finalità “nascosta” di un tentativo di penetrazione economica, sostenuto prima dalle varie “compagnie africane” nate in quegli anni e poi direttamente dai governi italiani. Scoprire una via per l’altopiano diventò il problema principale d’ogni esploratore italiano, delle società geografiche e commerciali, dei militari. Per far questo occorreva però addentrarsi all’interno della Dancalia. Ma era estremamente difficile e pericoloso. Dal 1800 pochi temerari si cimentarono in vari tentativi, tentando di attraversare la depressione dell’Afar soprattutto dal Mar Rosso all’altopiano abissino. Tra questi esploratori europei gli italiani, alcuni di essi direttamente appoggiati dalla Società Geografica Italiana, ebbero un ruolo da protagonisti distinguendosi soprattutto per l’esplorazione della porzione settentrionale dell’Afar, la Dancalia appunto. Quindi il contributo nella conoscenza geografica della regione dato dagli italiani fu indiscutibilmente superiore a tutti gli altri e nonostante ciò la conoscenza cartografica della Dancalia nel XIX secolo risultava ancora molto lacunosa con intere zone inesplorate. Praticamente si conoscevano solo i bordi esterni, lungo le rive del Mar Rosso, lungo il ciglione dell’altopiano abissino e sul limite dell’altopiano hararino al confine con la regione somala. Le quattro carte che riporto in questo articolo come esempio (dal 1884-85, periodo di alcuni significativi eccidi di spedizioni esplorative italiane e della conseguente occupazione militare delle coste della Dancalia, al 1896 anno della tragica battaglia di Adua), alcune disegnate da cartografi del calibro di Guido Cora e Domenico Locchi, chiariscono come la conoscenza geografica interna della regione fosse completamente sconosciuta.
Nei primi anni del XX secolo la situazione della conoscenza geografica dell’area migliorò molto, soprattutto grazie al concreto impegno di molti italiani, ma la conoscenza complessiva della regione dancala rimase alquanto sommaria. Chiarissimo il livello di conoscenze della Dancalia risulta dall’osservazione di una carta come quella di Dante Odorizzi del 1907. Il disegno riporta molti elementi nella porzione più settentrionale della depressione, derivate dai rilievi effettuati dallo stesso Odorizzi e dalle indicazioni dei vari esploratori italiani che vi erano stati (Marinelli, Tancredi e al.), ma a sud della Piana del Sale (Dancalia centrale e meridionale) praticamente la carta è bianca, ad eccezione di alcuni grandi rilievi come il vulcano Mussa Alli. Tra le varie inesattezze che si possono osservare macroscopica è la mancanza del lago Afrera (Giulietti). Probabilmente l’autore, pur sapendo dell’esistenza di un “mare interno”, ha scelto di non disegnarlo visto la mancanza assoluta di parametri geografici indicanti la posizione, la forma, etc.. Le convenzioni (1908) tra Italia con la sua colonia Eritrea ed l’Etiopia per delimitare i confini lungo la Dancalia contribuirono un po’ di più alla delimitazione generica sulle carte geografiche delle aree di rispettiva appartenenza ma risultarono ancora molto indicative come si desume ad esempio dall’osservazione di una carta realizzata dai cartografi del Ministero Delle Colonie nel 1922.
Le carte degli anni ’20 del XX secolo riportavano solamente i bordi estremi del triangolo dell’Afar, cioè della “nostra” Dancalia, e solo poco località ed con molte imprecisioni alcuni dei rilievi maggiori, posizionando erroneamente fiumi, vulcani, etc. Affermava l’Ing. Luigi Luiggi, Senatore del Regno: << Chi avesse voluto, fin verso la metà del 1928, preparare una carta della “Terra dei Danakil” si sarebbe trovato bene imbarazzato a causa della assoluta mancanza di dati sicuri, basati sopra una esplorazione del paese, condotta con criterio scientifico. Della Dancalia si sapeva solo che era un regione sommariamente arida e torrida, con una popolazione scarsissima, completamente nomade, poverissima e che, la sua stessa miseria rendeva feroce. Perciò fino al 1928 notizie dall’interno assolutamente non esistevano e una carta della Dancalia si sarebbe dovuta tracciare a somiglianza di quelle dei geografi portoghesi, che visitarono parte dell’Abissinia e che dopo segnati i confini, all’incirca, di una regione poi, per riempire lo spazio vuoto, vi scrivevano “Hic sunt leones” >>. In effetti a ridosso della colonia italiana Eritrea nata intorno allo stabilimento di Assab, l’entroterra della regione dancala era praticamente quasi sconosciuto e le carte risultavano ancora largamente bianche cioè senza descrizione riportando la fantastiche parole: << regione inesplorata >>. Un ulteriore forte impulso alla conoscenza cartografica dell’area arrivò dalle tre più importanti spedizioni private degli anni venti, Paolo Vinassa de Regny (1919-29), Ludovico Marcello Nesbitt (1928) e Raimondo Franchetti (1929), ma soprattutto dietro la spinta politica del governo fascista che mirava ad maggiore espansione territoriali a danno dell’Etiopia. L’Istituto Geografico Militare divenne il punto dove convogliare ogni notizia di carattere geografico soprattutto sull’area inesplorata della Dancalia e sempre più dettagli cominciarono a comparire nelle carte della regione. Ottimo esempio il foglio 11, EDD della carta dimostrativa dell’I.G.M. del 1934 scala 1: 400.000 dove si vede come tutti gli elementi cartografici acquisiti a partire dalla metà del secolo precedente sono stati utilizzati per la compilazione. Fondamentale l’apporto di conoscenze dato dalle spedizioni italiane.
L’Italia fascista mirava sempre più ad estendere le sue frontiere dall’Eritrea verso l’Etiopia e la guerra di conquista coloniale era ormai da tempo in fase di preparazione. La conoscenza geografica delle aree di confine ed la fornitura di un supporto cartografico adatto per le truppe dette un ulteriore impulso rappresentazioni cartografiche delle aree di confine e anche della Dancalia. Durante le operazioni di guerra d’Etiopia (1935-36) nella sede di Firenze l’Istituto Geografico Militare proseguiva i lavori di assembramento della numerosa mole di dati provenienti dalle sezioni africane. Grazie a questo nuovo impulso fu terminate la carta scala 1:1.000.000 dell’Africa Orientale che da 8 fogli fu portata a 14 con l’aggiunta di regioni della Somalia e al confine col Sudan. Da questa carta fu derivate anche una moderna carta scala 1: 3.000.000 a colori ipsometrici che andò a sostituire la vecchia carta del 1906 al 4 milioni (TAV. XXXIII). In questa carta a grande scala si osserva ancora la netta differenza tra la quantità di nozioni geografiche riportate nella porzione orientale (Dancalia) rispetto a quella occidentale (Abissinia o altopiano etiopico). L’unica rappresentazione cartografica alternativa alle carte militari dell’I.G.M. all’epoca fu quella realizzata nel 1937-38 dalla Consociazione Turistica Italiana CTI (denominazione del Touring Club Italiano TCI a partire dal 1938 a seguito della campagna di italianizzazione dei nomi stranieri). L’intera area della Dancalia è rappresentata nel foglio 2 scala 1:1.000.00 di una edizione del 1938 di sei fogli che coprono l’intero area dell’ AOI racchiusi in un cofanetto in cartone con fasci littori. Estratti di queste carte servirono anche come supporto per la famosa Guida dell’Africa Orientale Italiana, Consociazione Turistica Italiana, Milano, 1938.
La conquista di quell’enorme territorio negli anni seguenti impegnò l’I.G.M. a cartografare sistematicamente tutte le nuovi amplissime regioni impegnando molteplici missioni su tutto il territorio del nato impero coloniale italiano poi nominato Africa Orientale Italiana (AOI). Alcuni importanti contributi geografici furono portati anche dalle spedizioni scientifiche italiane che incominciarono ad esplorarare con i nuovi territori conquistati, specialmente alla ricerca di risorse minerarie. Tra queste il più significativo contributo cartografico fu dato nel 1937-38 dalla spedizione geologica dell’ A.G.I.P. nella Dancalia meridionale ovviamente alla ricerca di petrolio.
Poi nuove esigenze di carattere strategico costrinsero l’Istituto a concentrare i propri sforzi in determinate aree. L’alleanza dell’Italia fascista con la Germania nazista inasprì moltissimo i rapporti con la Francia e l’Inghilterra e la possibilità di uno scontro armato anche nelle colonie africane spinse l’Italia ad approfondire le conoscenze topografiche sulle regioni confinanti con le colonie delle potenze ormai ostili. Su richiesta del Ministero dell’Africa Italiana, l’Istituto Geografico Militare inviò nel 1937 nella Dancalia centrale e meridionale il capitano Giovanni Braca ed il capitano Renzo Comolli, perché eseguissero un accurato rilievo topografico di tutta l’area di confine tra l’Eritrea italiana e la Somalia Francese, le frontiere orientali dell’Aussa e quelle fra Somalia francese e inglese. I rilievi cartografici alla scala 1:100.000 e quelli sulla climatologia furono effettuati fino al 1938 per 2750 chilometri, tutto intorno alla colonia francese, per un totale di 15.100 Kmq., con una permanenza sul luogo di oltre 9 mesi. Quindi alle conoscenze geografiche della regione si aggiunse un maggior dettaglio soprattutto nelle aree confinanti la colonia francese mentre nelle regioni nord la rappresentazione cartografica rimase ancora molto vaga. Con la caduta dell’AOI e la restaurazione di Hailè Selassiè sostenuto dagli Inglesi tutta l’area rimase di esclusivo dominio anglosassone. Dalla foglio Asmara sheet ND 37 stampato nel 1945 dalla Army Map Service e dal suo ingrandimento si può capire bene quanto ancora fosse sconosciuta la vera geografia della Dancalia settentrionale.
A partire dal 1963 una squadra di cartografi dell’esercito americano U.S. Army Map Service, fu dislocata ad Addis Abeba e nel tempo fu sviluppato anche un programma di chiamato Ethiopia-United States Mapping Mission che comprendeva inizialmente un programma di copertura con aerofotogrammetria di tutta l’area, Dancalia compresa, al fine di realizzare le prime carte militari americane con i metodi moderni dell’epoca. Con l’aiuto americano fu così creata in quel periodo la Ethiopian Mapping Authority che collaborò alle campagne cartografiche. http://www.ethi-usmappingmission.com/95709.html Queste specifiche carte, Joint Operation Graphics (JOG) scala 1:250.000, avevano lo scopo principale di fornire supporto alle operazioni aerotattiche combinate delle forze terrestri ed aeree. Queste carte però erano esclusivamente destinate ai militari e quindi non ebbero mai una diffusione esterna.
La realizzazione di una migliore cartografia dell’area dell’area dancala incominciò ad interessare le compagnie petrolifere anglosassoni che però intelligentemente coinvolsero anche alcuni esperti italiani. Nel 1967 il prof. Enrico Marchesini aveva avuto, da Mobil Petroleum Ethiopia Inc. e da Esso Exploration Inc, l’incarico di effettuare uno studio geologico strutturale dell’Arcipelago Dahlach e di una vasta porzione della costa Eritrea. Il programma della consulenza prevedeva la stesura di una cartografia geologica e lo studio della fratturazione, da estrapolare non solo dalla lettura delle foto aeree, ma anche da mosaici ottenuti dall’assemblaggio delle foto stesse. Il prof. Giovanni Merla ebbe l’idea di produrre anche una cartografia topomorfica del territorio interessato dalla copertura fotografica ricevuta per la realizzazione del progetto. Tale carta, diceva, avrebbe non solo reso migliore la veste grafica del progetto, ma anche e soprattutto approfondito il dettaglio topografico e morfologico di una zona dell’Afar, dove ancora al 1967 esistevano solamente poche rappresentazioni cartografiche ed a piccola scala ed insieme al Prof. Merla e alla Geomap di Firenze dettero vita a questa carta. La carta Topomorphic Map of Northern Afar Ethiopia (1968) – copre una vasta porzione, circa 80.000 Km2 dell’Afar o Regione Dancala, compresa tra 12°00’ e 15°00’ di latitudine Nord e tra 39°45 e 43°15’ di longitudine est da Greenwich. La carta, composta di quattro fogli, ha una scala di 1:250.000. Questa rappresentazione fu realizzata col metodo dello slotted templates che si basa sul principio che la fotoaerea è una proiezione centrale e che le distanze reali sul terreno dal punto principale sono proporzionali a quelle sulle foto, rispetto al centro del fotogramma stesso. Il metodo sfrutta inoltre le caratteristiche ed i vantaggi del “relief displacement” in quanto ogni spostamento dal fotocentro lungo la radiale non causa errori di posizione ma solo variazioni di scala. Quindi questa carta risultò essere abbastanza curata ma con forti variazioni di fattori di scala da punto a punto.
Questa “recente” base cartografica fu in seguito utilizzata per la realizzazione di alcune carte geologiche dai componenti delle spedizioni di Giorgio Marinelli ed Haroun Tazieff che per conto del CNR italiano e del CNRS francese organizzarono in questa interessantissima area una serie di campagne esplorative nel periodo 1967-1974 . Nel 1972 fu pubblicata la prima carta geologica della Dancalia settentrionale e centrale, scala 1:500.000, Geological map of Danakil depression, Northern Afar, Ethiopia. Questa carta aveva come base cartografica la carta della Geomap sulla quale fu inseriti tutti i rilievi geologici ed anche i nomi della complicatissima toponomastica locale.
Gli studi scientifici e conseguentemente anche le realizzazioni cartografiche furono interrotte a seguito degli avvenimenti storici e bellici che resero l’area molto pericolosa. Nel 1974 col colpo di stato del DERG, costituito da militari di estrazione marxista-leninista, e la caduta di Hailè Selassiè l’area entrò improvvisamente in una spirale di violenta repressione. La nuova Etiopia entrò nella sfera politica e militare dell’Unione Sovietica. In questo periodo furono così prodotte delle dettagliate carte militari russe scala 1:500.000 e ad altre diverse scale, di difficile reperibilità ed utilizzo.
Negli anni seguenti dal 1974 al 2000 furono poi messe a disposizione di tutti le moderne carte topografiche – aeronautiche americane sempre scala 1:500.000 chiamate Tactical Pilotage Chart (TPC). Queste carte di misure 145×105 cm, più precise e dettagliate delle Operational Navigation Chart (ONC) scala 1:1.000.000 da cui derivano, sono di ottima fattura dal punto di vista della morfologia ma presentano ancora troppe lacune ed imprecisioni e soprattutto troppo poche informazioni di natura geografica escursionistica.
Per quanto riguarda le carte etiopiche messe in libero commercio la Ethiopian Mapping Authority nel 1987 mette in vendita la Ethiopia Tourist Map scala 1:2.000.000 che è ancora venduta e reperibile (io ne ho una copia ristampata ancora nel 1997) dove la Dancalia, a parte l’indicazione della strada costruita dagli italiani Assab-Dessiè, del lago Afrera e del sito del ritrovamento di Lucy (erroneamente posizionato a molta distanza dalla vera collocazione) lascia praticamente vuota tutta l’area. La carta praticamente salta a piè pari le informazioni sull’intero triangolo dell’Afar. La Ethiopian Mapping Agency (EMA), creata nel 1954 il governo federale etiopico tramite il Ministero dell’Educazione, che attualmente produce cartografia dello stato (dal sito http://www.ema.gov.et/Default.aspx )
sulla copertura delle carte topografiche digitali fornisce i seguenti dati: 5% alla scala 1:50.000, 35% alla scala 1: 250,000 (solo i contorni), 100% alla scala 1:1,000,000 e non risulta quindi che esista nessuna carta “dedicata” dell’intero triangolo dell’Afar.
La canadese International Travel Maps commercializza tutt’oggi la carta Ethiopia scala 1:2.000.000 che sembra riportare la morfologia delle TCP ma che è praticamente priva delle notizie a carattere geografico, le nuove strade, le piste, i principali centri abitati, insomma totalmente insufficiente per un viaggiatore, esploratore ed escursionista che vogli visitare la regione della Dancalia.
Concludendo
- Considerando che ancora oggi non esisteva una cartografia dettagliata, con basi topografiche certe e con informazioni a carattere geografico precise e dettagliate, messa liberamente a disposizione di tutti quelli che volessero visitare, esplorare e spostarsi con cognizione nell’area,
- In considerazione dell’indiscutibile “primato” italiano legato all’esplorazione e alla conoscenza della Dancalia sul quale ho dedicato 15 anni di studi che mi hanno portato alla realizzazione dei grandi volumi “Dancalia. L’esplorazione dell’Afar, un’avventura italiana”
mi sono deciso a colmare questa lacuna.
Per fare questa delicata operazione mi è sembrato logico che fossero ancora una volta gli italiani gli autori di un lavoro cartografico dettagliato ed che fosse svolto a Firenze, patria dei Natali di molti esploratori dancali, sede del Istituto Geografico Militare, della Geomap, e di molti altri cartografi che hanno contribuito in passato alla descrizione dell’area in questione. Quindi, vista mia specifica esperienza, ho iniziato a coordinare un gruppo di lavoro costituito dai bravi geologi, architetti e tecnici della Litografia Artistica Cartografica LAC di Firenze e da alcuni scienziati e geologi italiani di chiara fama internazionale che hanno lavorato ed esplorato la Dancalia a partire dagli anni ’60 fino ai giorni nostri. È nata così la Carta geologico-escursionistica della Dancalia appositamente concepita per descrivere ed esplorare questa particolare area geografica. Quindi una carta “dedicata” per inquadrare tutto il triangolo dell’Afar, la nostra Dancalia, realizzata ad una scala sufficientemente grande e ricca di dettagli ed informazioni che consentisse una agevole consultazione all’utente, e che in considerazione dell’eccezionalità scientifica dell’area avesse anche una rigorosa base geologica.
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L’articolo sopra riportato è disponibile anche in versione PDF scaricabile da questo link: Quaderno-Febbraio2012-Dancalia
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