1995 – Primo ritrovamento di ominidi nella Dancalia Eritrea
Il ritrovamento nella Dancalia eritrea di un cranio ben conservato di un ominide di età compresa tra 1,8 e 1 milione di anni, costituisce un risultato di grande rilievo ottenuto dai geologi e paleontologi del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Firenze nelle ultime campagne (1995-96 e 97) in Africa Orientale. Queste ricerche, rese possibili dal supporto finanziario del C.N.R., affrontano temi interdisciplinari di ampio interesse che proprio in queste regioni trovano un laboratorio naturale privilegiato. Questi temi vanno dalla comparsa e l’evoluzione dell’uomo e di altri mammiferi alla frammentazione della grande placca afro-arabica, alla formazione di nuove aree di espansione oceanica (si veda il Progetto Strategico CNR “Meccanismi di formazione di un oceano” ed il Progetto coordinato CNR “Transrift-transizione dal rifting continentale al rifting oceanico). A conferma di una tradizione che vede i ricercatori fiorentini attivi da oltre un secolo nel Corno d’Africa, per le ultime missioni è stata scelta la porzione settentrionale della Depressione dancala (o Depressione degli Afar) prossima al mar Rosso Meridionale e compresa nel territorio eritreo.
Schema geologico con localizzazione
dell’area di studio
In particolare, con la collaborazione del Dipartimento delle Miniere e con il Museo Nazionale di Asmara è stata esaminata in dettaglio l’area di Buia, posta a circa 130 km a sud di Massawa. Qui affiora una successione (Danakil Formation), spessa oltre 500 m, composta in prevalenza da siltiti, più o meno argillose, sabbie e, subordinatamente, da marne e livelli di ceneri vulcaniche. L’associazione delle facies è indicativa di ambienti di deposizione fluvio-deltizia e lacustre con apporti episodici da centri vulcanici vicini. È interessante notare che questa successione è correlabile con la parte alta dell’”Awash Group”, un’unità sedimentaria che affiora a circa 300 km più a sud in Etiopia, famosa nel mondo scientifico internazionale per le sensazionali scoperte di ominidi (Australopitecus afarensis “Lucy”).
A Buia sono stati individuati sinora sette livelli fossiliferi a-vertebrati e nel terzo livello, a cominciare dal basso, sono stati raccolti i resti di un ominide in uno stato di conservazione quale raramente è dato ritrovare: un cranio quasi completo costituito da 12 pezzi, due frammenti di pelvis, un sacro e due incisivi inferiori. Il cranio è integro nella parte neurale, mentre la base cranica e parte dello scheletro facciale sono mancanti. Sono presenti, inoltre, i mascellari ed i premascellari. I molari ed i premolari sono rotti alla base della corona e mancano i canini e gli incisivi. Il cranio mostra un profilo molto abbassato, una volta allungata, uno spessore osseo e tori orbitali (ispessimenti ossei) molto marcati ed una capacità cranica ridotta (stimata tra i 750 e gli 800 cmc). Una matrice siltosa incrosta la regione occipitale, il parietale ed il frontale sinistri. L’esemplare presenta nel suo insieme caratteristiche tali da farlo ritenere, ad un primo esame, una forma di transizione tra Homo ergaster (=Homo erectus africano) e Homo sapiens. L’uomo di Buia presenta, infatti, caratteri primitivi associati ad altri più evoluti, dando luogo ad un mosaico abbastanza complesso e di non facile interpretazione dato anche il numero estremamente basso di esemplari altrettanto affidabili da mettere a confronto. Comunque sia, questo ritrovamento fornisce nuovi elementi per la comprensione di momenti molto importanti dell’evoluzione degli ominidi.
Affioramenti della successione nell’area di Buia
Per il momento abbiamo ritenuto opportuno non dare una determinazione specifica definita ma denominarlo Signora di Buia, dal nome della località più importante vicina al luogo di raccolta.
Il livello fossilifero, che contiene i reperti umani, ha fornito anche una ricca associazione faunistica rappresentata da ippopotami, suidi, elefanti, rinoceronti, equidi, bovidi, coccodrilli e tartarughe. Lo scenario che si può ricostruire è quello di una savana boscosa con ampi spazi a copertura erbacea e presenza di corsi d’acqua, stagni e laghi. Gli uomini di quelle aree dovevano essere in grado di produrre utensili litici, infatti nel sito, insieme con la faune, sono stati raccolti manufatti di cultura olduwaiana. In località vicine, probabilmente nello stesso orizzonte stratigrafico, la cultura olduwaiana è stata trovata in associazione con manufatti acheuleani attualmente in fase di studio.
a) cranio dell’uomo di Buia |
b) denti di suide |
c) molare di elefante |
d) mascellare di ippopotamo |
Per quanto riguarda l’età del livello in cui è stato raccolto l’uomo, l’associazione faunistica nel suo complesso indica un intervallo di tempo compreso tra la parte finale del Pliocene e la parte inferiore del Pleistocene medio. Datazioni radiometriche (Ar/Ar) delle cineriti e la calibratura paleomagnetica di campioni raccolti in tutta la successione forniranno indicazioni più precise. Qualunque sia la sua esatta datazione, il reperto assume in ogni caso una grande importanza per la comprensione dell’evoluzione degli ominidi perché starebbe ad indicare che la differenziazione della specie H. sapiens sarebbe avvenuta molto più indietro nel tempo di quanto finora ritenuto, e che questa sarebbe avvenuta nel continente africano.
Ernesto Abbate e Giovanni Ficcarelli http://www.fi.cnr.it/r&f/n5/newsaree.htm
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Pubblicazione degli articoli scientfici derivati dai lavori di ricerca a Buia aggiornato al luglio 2004. Volume supplementare della Rivista Italiana di Paleontologia e Stratigrafia pubblicat dall’Università degli Studi di Milano: