Dancalia: dove terra fuoco e mare hanno creato paessaggi unici al mondo
Diario di viaggio by Elena Giovanella
Giorno 1 (venerdi 29/12): VOLO ITALIA-ADDIS
Giorno 2 (sabato 30/12): arrivo ad ADDIS ABEBA e visita al MUSEO NAZIONALE
Dopo un confortevole volo notturno, atterriamo la mattina presto nella capitale di Etiopia: ADDIS ABEBA, 2400 metri sul livello del mare, l’aria frizzante e il clima mite ci danno il benvenuto cosi’ come la nostra guida Luca Lupi, esperto di vulcani, con all’attivo 30 anni di esplorazioni in terra dancala.
Il gruppo è composto da 9 persone, due amici miei: Enrico, collega di lavoro e appassionato di viaggi e Ugo psichiatra torinese ed esperto di un’altra parte di mondo, il sudamerica ma questa è un’altra storia… Due coppie di amici di Enrico: Guido e Anna e Alex e Graziella, suoi compagni di tante gite in montagna e lunghi cammini, Marco giovane medico di Lecco e Saverio geologo e già conoscitore di Lupi.
Facciamo la conoscenza del corrispondente etiope Belayne, amico e accompagnatore di Luca nei suoi viaggi in Etiopia e dei nostri 4 bravi autisti: Daniel, Ermias, Bereket e il giovane Solomon.
Ad ADDIS ABEBA, visitiamo il MUSEO NAZIONALE
Una carrellata di storia del regno di Etiopia guidato dai suoi orgogliosi RAS, la sanguinosa battaglia di Adua del 1896 dove per la prima volta un esercito africano sconfisse un esercito europeo, fino alla conquista italiana nel 1935-36 . Attraversiamo le stanze con alle pareti enormi quadri che raffigurano sovrani etiopi e consorti dallo sguardo fiero, regnanti indomiti che oggi sarebbero orgogliosi del riconoscimento di ADDIS come sede della UNIONE AFRICANA, nata nel 2002.
Attraversiamo altre stanze dove Luca ricolloca con le sue spiegazioni oggetti di vita quotidiana come monili, poggiatesta, tazze e caffettiere di terracotta, gioielli e coltelli, sciabole e scudi, copricapi leonini e oggetti religiosi come gli strumenti musicali e gli incensieri. Vediamo le famosi croci etiopi in legno e in metallo con le loro diverse forme e intricate decorazioni, simbolo di un clero che da sempre fu legato al potere dei sovrani etiopi e che pagò un caro prezzo di sangue durante la conquista italiana dell’Etiopia.
Incontriamo in una sala la ricostruzione dello scheletro della piccola ominide Lucy, reperto risalente a 3,2 milioni di anni fa, immaginiamo la gioia al campo, quando dopo giorni di scavi, se la trovarono sotto le dita e le diedero il nome della canzone dei Beattle che risuonava quella sera. Correva l’anno 1974 e venne ritrovata per l’appunto in Dancalia.
Ci colpisce una capanna Afar costruita con rami di arbusti e poi ricoperta di teli di plastica dove pare impossibile ma ancora oggi i nomadi vivono. Ne vedremo diverse attraversando le terre inospitali e assolate della Dancalia.
Durante questo breve soggiorno in capitale abbiamo modo di assaggiare la particolare cucina etiope che basa la sua alimentazione sulla njera: un cereale fermentato chiamato TEF, che viene cotto su piastre roventi usato come “piatto” e come pane con accompagnamento di salse vegetali a base di ceci e di carne, il tutto abbondantemente speziato, ottimo se accompagnato alla squisita birra di produzione locale.
Giorno 3 (domenica 31/12): ADDIS –KOMBOLCHA
Scendiamo dai 2400 metri dell’altopiano etiope, la strada è intagliata nella roccia e tra un tornante e l’altro dei grossi babbuini denominati Gelada, ci attraversano la strada con i loro piccoli attaccati alla schiena.
Scavalchiamo ambe dorate e assolate, in parte coltivate in parte occupate da boschi e eucalipti che sono cresciuti a dismisura sull’altopiano.
Arriviamo in serata a KOMBOLCHA: dove un obelisco ricorda che la città è il crocevia delle 3 grandi arterie stradali che collegano Etiopia-Eritrea-Dancalia, ancora ne vediamo le direzioni incise sulla pietra: PER ASSAB-ADDIS-DESSIE. Le strade dell’allora “Africa Orientale Italiana” furono opere enormi per quei tempi e con i mezzi di allora, vi lavorarono per anni italiani e operai locali e ancora oggi sono utilizzate.
E’ la notte dell’ultimo dell’anno, anche qui alberi di Natale addobbati ricordano le feste, sebbene il Natale ortodosso sarà solo il 6 gennaio. Non manchiamo di festeggiare con panettone e spumante l’ultima notte del 2023, lasciandoci alle spalle un altro anno e tuffandoci nelle speranze del nuovo che arriva.
GIORNO 4 (lunedi 1/1): BATI-ASSAYTA
La mattina visitiamo il mercato del bestiame di BATI che si svolge una volta alla settimana e raduna centinaia di persone di etnie diverse venute per vendere e comprare il bestiame.
Il mercato è una esplosione di persone radunate insieme con i loro animali, è diviso in settori: sulla parte alta della collina ci sono i cammelli, splendidi esemplari di quello che e’ l’animale piu’ prezioso per chi vive in queste lande assolate. Anche qui vediamo arrivare la “modernità” con i nomadi Afar che tengono in una mano il cellulare e nell’altra la fune che lega il cammello. Possedere una mandria di questi animali equivale a un capitale enorme: il cammello è un portatore formidabile, resiste a queste temperature con poca necessità di acqua, produce latte base per l’alimentazione, se ne mangia la carne e si vendono solo cammelli maschi, tanto sono preziose le femmine per la riproduzione.
In mezzo al campo ci sono le vacche zebù dalle magnifiche corna a mezzaluna e il gibbo dorsale: vengono vendute per il latte, per la carne riservata ai bachetti che celebrano le nozze e per tirare l’aratro: tutto in queste terre è fatto con la fatica dell’uomo e con l’ausilio delle bestie.
Poi troviamo i pastori con le loro capre e pecore: facili da acquistare e vendere. Quello che sembrava un caotico assemblato umano è in realta un organizzato mercato del bestiame dove le figure più strane siamo noi che fotografiamo in mezzo a una marea di uomini magri vestiti con le gonne colorate tipiche degli Afar e il capo avvolto in sciarpe colorate.
Dopo quello del bestiame, ci rituffiamo in un altro mercato di Bati, dove si commercia di tutto: passeggiamo, unici turisti, fra le strade strette e le bancarelle, siamo avvolti dai profumi delle spezie e dai colori delle stoffe. A terra sulle stuoie le donne offrono i loro prodotti: cavoli e patate, pomodori e cipolle, aglio, cumuli di spezie dai colori diversi, il prezioso sale che proviene dalla dancalia, il miele che viene prodotto sull’altopiano con dei particolari alveari sospesi sugli alberi, bellissimi cesti intessuti a mano dalle donne e utilizzati per il trasporto e l’immagazzinamento delle provviste nelle capanne.
Gli uomini vendono i coltelli tipici , i Jilé, i gioielli fondamentali per la dote delle figlie e per i matrimoni, altri vendono sacchi di carbone prodotti sul posto e usati per cucinare, a terra cumuli di verdi sandali cinesi che sono pressochè l’unica calzatura utilizzata qui. Anche qui le merci hanno i loro settori e tutto ha un suo ordine che appare allo sguardo solo quando il turista smette di fare foto e si siede a terra a osservare l’umanità che lo circonda.
Scendiamo verso ASSAYTA. Gli alberi lasciano spazio alla acacie ad ombrello, l’aria frizzante dell altopiano è ormai un ricordo, le abitazioni di lamiera lasciano il posto alle tipiche capanne Afar, è ormai sera quando arriviamo al piccolo hotel che ci ospita. La notte è illuminata da grandi fuochi che usano le popolazioni locali per produrre il carbone, bruciando lentamente la legna in grosse buche e ricoprendole con lo sterco degli animali.
Finalmente la sera facciamo la conoscenza con il cuoco ADDIS che ci seguira’ nei campi dei giorni seguenti, preparando con cura squisiti pasti.
GIORNO 5 (martedi 2/1): ASSAYTA mercato-LAGO AFRERA
La mattina visitamo ASSAYTA con la sua moschea bianca e azzurra e il suo mercato. Assayta fu la capitale di uno dei più importanti sultanati AFAR, quello della AUSSA e qui come in tutta la Dancalia la popolazione è prevalentemente musulmana. Il mercato è una esplosione di colori dei veli e dei lunghi abiti delle donne che qui vengono a scambiare ogni tipo di merce. Camminiamo fra i cammelli “parcheggiati”, seduti a terra, unici turisti anche qui, abbiamo modo di vedere giovani Afar che lavorano le pietre, donne che girano con borse di plastica con dentro galline ruspanti, a terra otri di pelle ripieni di acqua, fondamentali per i viaggi in queste zone dove ancora gli Afar si spostano con i cammelli e a piedi, vediamo delle bellissime gabbie per animali da cortile costruite a mano e ovunque una marea di bambini che chiedono penne e qualche BIR, la moneta locale. Siamo lontani anni luce dal clima e dai paesaggi dell’altopiano: usi e costumi diversi, un clima secco e caldo già al mattino, i mercati come cuore pulsante della società, meta di incontri, scambi, dialoghi, il muezzin che richiama alla preghiera, i tuk tuk bianchi e blu che si fanno strada tra i carretti trainati da cavalli magri anche loro come i passeggeri, stradine occupate interamente da venditori di stoffe colorate usate qui sia dagli uomini per le lunghe gonne che dalle donne che devono coprirsi del tutto, stiamo attenti con le nostre foto a non “rubare” i loro volti, cercando prima un contatto che uno scatto.
Lasciata Assayta, riprendiamo la strada verso il LAGO AFRERA. Lungo il percorso ci fermiamo più volte per le spiegazioni di Luca sulla geologia del posto e sulle sue origini vulcaniche e cosi’ che scopriamo che quelle che prima per noi erano solo pietre, sono in realtà il corredo genetico del luogo dove ci troviamo, la memoria di eruzioni vulcaniche precedenti, come le ossidiane ovvero i vetri vulcanici piu’ affilati di un bisturi e nei secoli utilizzati dall’uomo come armi e coltelli.
Pranziamo in uno spartano “autogril” all’ombra di alberi di “mim”, circondati da bambini per i quali siamo la novità del giorno, il cibo cucinato da Addis è semplice e buono. Riprendendo la strada ci fermiamo a vedere le tombe AFAR, tumuli di pietre di dimensioni diverse a seconda dell’importanza del defunto all’interno del suo clan e della sua morte per mano di nemici con onore o meno.
La luce calda del tramonto illumina l’ultima parte della strada quando arriviamo in prossimità delle saline del lago Afrera, scendiamo veloci verso il lago dove mentre viene preparato il campo con le tende per la notte, ci immergiamo nelle acque salate e ritempranti di questo posto unico.
Immaginiamo la sorpresa dei primi esploratori quando dopo giorni e giorni di carovane su piste deserte sotto il sole rovente si trovarono davanti questo miracolo della natura. Il lago venne scoperto da un italiano il barone Raimondo Franchetti nel 1928 e gli diene il nome di Lago Giulietti, per onorare un altro in italiano che vi arrivo’ vicino ma la cui spedizione fu trucidata nel 1881 dagli Afar in questi luoghi.
Bellezza e morte ci fanno pensare alla vita dei primi esploratori della Dancalia che si trovarono in terre sconosciute popolate da tribu’ abituate a sopravvivere la’ dove sembrava impossibile e in condizioni estreme dove ogni straniero rappresentava un pericolo e una minaccia.
La sera seduti sulla riva del lago ci si lascia accarezzare da una brezza calda che soffia dal lago e increspa le acque di questo “mare” nel deserto mentre la luna alta nel cielo ne fa brillare la superficie. Un incanto che vale il viaggio.
GIORNO 6 (mercoledi 3/1): LAGO AFRERA – ERTA ALE
La mattina dopo colazione al campo visitiamo le saline attorno al lago AFRERA o AFDERA. Luca ci spiega l’origine del lago: le acque dolci delle piogge scendono dall’altopiano abissino verso la depressione dancala formando delle falde sotterranee che emergono dalle fratture della crosta riscaldate e salate perchè in realtà il fondo del lago era ricoperto di evaporiti (ovvero concrezioni saline). La percentuale di sale contenuta nel lago è 100 volte superiore a quella degli oceani ma la mancanza del magnesio prova che non è un braccio residuale del Mar Rosso ma ha una origine diversa.
L’acqua del lago viene pompata in vasche decrescenti e con il processo denominato DESALTIZZAZIONE, viene prodotto il sale, merce preziosa la cui lavorazione ha unito per secoli le polazioni dell’altopiano amara e tigrini che si occupavano dell’estrazione e del taglio delle lastre di sale e gli Afar che con le loro carovane di cammelli lo trasportavano nei mercati per la vendita.
Passeggiamo sotto un sole che è già rovente la mattina, sui bordi della saline, accecati dal bianco intenso delle vasche di sale e all’orizzonte lo sguardo si perde sulle acque luccicanti del lago. Ci accompagnano fra le saline una guida Afar con i suoi due figli, la bimba ci guarda incuriosita perchè siamo la novità della giornata. Il rispetto per le popolazioni locali è alla base dei viaggi in Dancalia, siamo ospiti e osservatori curiosi di un mondo che appartiene solo a loro. Dopo una breve sosta ristoratrice alla cittadina di Afrera, dove vivono i lavoratori delle saline, riprendiamo la via verso l’ERTA ALE.
Attraversiamo un paesaggio fatto di dune di sabbia riportata dai venti alisei che soffiano potenti dalla penisola araba verso la dancalia, sullo sfondo il vulcano sottomarino COOK MARAA’. La sua presenza insieme alle evaporiti e alle conchiglie fossili sono fra le prove che intorno ai 100.000 anni fa qui c’era il mare, secondo le ultime datazioni al carbonio dei depositi di evaporiti presenti nell’area.
Sotto un sole cocente arriviamo a KOSRAWAD, villaggio dancalo in cui Luca incontra il capo villaggio, portando qualche dono e soprattutto il rispetto per l’amicizia che li lega da tre decenni, quando la nostra guida cominicio’ le sue esplorazioni in Dancalia. Ospiti in una famiglia, consumiamo un saporito pranzo preparato da Addis e … aspettiamo perchè il tempo in Africa non si conta con le ore ma con la luce e la temperatura che piano scenderà, aspettiamo che il capo riceva Luca e salutiamo con rispetto gli Afar che vivono in questo villaggio sperduto nel nulla da cui anni fa si partiva con i cammelli per le spedizioni verso la “montagna che fuma” l’ERTA ALE, la nostra meta. Nel 1997 quando la nostra guida Luca fece la sua prima salita al vulcano, il viaggio con le carovane durò 5 giorni di attraversamenti di piste laviche, sotto il caldo torrido. Oggi gli Afar hanno machine e piste, per salire al vulcano non si impiegano più di 40 minuti a piedi dal campo base.
Arriviamo nel pomeriggio al campo ai piedi del vulcano, stanotte qualcuno dormirà nei crateri attorno al campo sui materassi e sotto il cielo, altri sui materassi a terra sotto i teli stesi fra una macchina e l’altra.
Al tramonto partiamo per la prima salita sull’ERTA ALE. La discesa sul lago di lava solidificato è impegnativa e si procede in silenzio dietro a Luca che ci impone concentrazione e attenzione. E’ inquietante sapere di camminare su della lava da poco solidificata, che scricchiola come vetro sotto gli scarponi e sapere che sotto di essa a meno di 10 metri di profondità c’è un lago di magma incandescente.
Ci avviciniamo cauti ai due hornitos, parola spagnola che significa forno, essi non sono alimentati da una camera magmatica ma sono i “camini” che danno direttamente sul lago di lava sotto il mantello, infatti in questa zona della Dancalia non c’è la crosta e quello che vediamo sono direttamente i fluidi magmatici sottostanti, particolarità al mondo visibile solo qui e in Islanda.
L’aria satura di zolfo e dei fumi provenienti dagli hornitos ci fa bruciare gli occhi e ci copriamo la bocca con un foulard bagnato, il colore del fuoco e la sua potenza sono ipnotici non possiamo fare a meno di guardare questa bocca incandescente da cui ribolle in superficie il magma incandescente. Scendiamo nella notte guardando bene dove mettiamo in piedi, ancora emozionati per lo spettacolo e … pronti a ripeterlo fra poche ore.
GIORNO 7 (giovedi 4/1): ERTA ALE-AHMED ELA
E’ ancora notte quando ci incamminiamo nuovamente sull’ERTA ALE, questa volta la nostra meta sono i due hornitos piu’ alti e piu’ distanti: camminiamo sul lago di lava solidificato mentre le prime luci dell’alba accendono un paesaggio che pare la “montagna di fuoco” del Signore degli Anelli. L’alba tinge di rosso la colata di lava scura e sullo sfondo l’hornitos con il suo camino infuocato assomiglia davvero all’occhio di Mordor!
Ancora qui non sapevamo che 20 giorni dopo la nostra passeggiata “lunare”, il magma sotto la superficie si sarebbe risvegliato al punto da dare inizio a una colata incandescente proprio nel punto dove abbiamo fatto la foto di gruppo: natura imprevedibile, potente, maestosa e incontrollabile sotto i nostri piedi…
Smontato il campo procediamo verso la nostra prossima meta: il sito di DALLOL, nel nord della Dancalia. Attraversiamo nuovamente le distese di lava dei vulcani e ci inoltriamo nelle aride piane che durante la stagione delle piogge sull’altopiano abissino, diventano pianure alluvionali, impraticabili con le auto. Sostiamo per il pranzo presso l’oasi di WAIDEDDO, all’ombra delle palme DUM DUM, consumiamo il pasto preparato dai nostri cuochi, riusciamo persino a sentire fresco sotto l’ombra delle palme!
Verso sera arriviamo al nostro ultimo campo dove passeremo due notti: AHMED ELA “il pozzo di Ahmed”, qui campeggiamo in capanne e dormiamo fuori sugli anghareb, tipici letti di legno usati un po’ ovunque nei deserti africani.
Alla sera si alza un vento caldo che soffia per tutta la notte, Luca ci spiega che è dovuto all’aria calda che si è riscaldata durante il giorno e la sera incontrando quella piu’ fredda in alto innesca una “inversione termica”, di cui il vento che sferza il deserto ne è l’espressione.
GIORNO 8 (venerdi 5/1): SITO DI DALLOL
Ci alziamo presto per raggiungere il sito di DALLOL, dove le temperature in questa stagione raggiungono i 40 gradi e oltre. La formazione geologica del sito, unica al mondo, è dovuta alla colorazione degli evaporiti (concrezioni di sale) del terreno con i minerali che filtrano spinti in superficie delle alte temperature del sottosuolo. E’ così si crea questo paesaggio unico al mondo con concrezioni saline gialle per lo zolfo, rosse per il ferro, verdi e blu per i cloruri e i floruri. Il paesaggio ricorda la superfice del pianeta Marte dove su una superficie rossastra formazioni torreggianti colorate si intervallano a piscine multicolori con pozze bordate di giallo intenso che contengono acque bollenti sulfuree verde scuro.
Raggiungiamo la cima della collina dove camminiamo fra le le rovine della ex cittadina mineraria italiana costruita nel primo decennio del 1900, questo posto è infatti carico di storia perchè qui TULLIO PASTORI, uno dei piu’ importanti esploratori della Dancalia scoprì nel 1906 la ricchezza dei sali potassici e nel 1910 l’Italia coloniale ne inizio’ lo sfruttamento per la produzione di polvere da sparo e poi di fertilizzanti. Dobbiamo immaginarci le condizioni di lavoro degli operai che qui lavoravano nelle miniere sotto il sole rovente: un inferno in terra per loro, una incredibile bellezza per il turista. Per proteggere il sito è partita una richiesta dell’UNESCO di salvaguardare il sito di DALLOL, purtroppo non accettata dallo stato etiope a causa della vicinanza strategica del confine con l’Eritrea.
Riscendiamo verso le auto attraversando un paesaggio dove avrebbero potuto girare un sequel di Guerre Stellari, per raggiungere un altro sito molto particolare. Vediamo formazioni torreggianti con strati bicolore: il rosso della argille arenarie trasportate dall’altopiano durante la stagione delle piogge, intervellato agli strati bianchi di sale. Fra i torrioni di sale si apre uno canyon di terra rossa degno di un film western, ci arrampichiamo sulle formazioni rocciose per apprezarne il paesaggio anche dall’alto.
Trascorriamo le ore piu’ calde della giornata all’ombra delle rocce di un cratere freatico denominato AS ALE, la cui disposizione delle rocce perfettamente circolari è dovuta alla formazione in profondita’ di una enorme bolla di vapore che scaldata dal magma esplode e trascina in superficie le rocce sottostanti. La giornata ci riserva ancora delle sorprese come la vista dei fiumi sotterranei, salamoie salatissime di colore verde intenso che si intravedono dalle fratture della crosta di sale sui stiamo camminando. Enrico vi si immerge provando la sensazione di stare in verticale dentro la pozza tale è la sua densità salina…
Riprendiamo le auto per raggiungere il LAGO GIALLO: la sua particolarita’ sono le esalazioni di gas metano che uccidono insetti e uccelli che attratti dall’acqua si avvicinano per bere. Le concrezioni saline dalle forme piu’ diverse assumono il colore rosa ancora piu’ evidente nel pomeriggio inoltrato.
Al tramonto su questa incredible distesa di sale, i colori caldi del sole che scende illuminano la piana e rendono indimenticabile questa giornata, ultimo regalo: un aperitivo che scalda cuore e occhi, in un posto unico.
GIORNO 9 (sabato 6 gennaio): TRASFERIMENTO AHMED ELA-SEMERA’
Lasciamo il campo di AHMED ELA, sulla via del ritorno per Addis Abeba, prendiamo una strada diversa da quella dell’andata. A pranzo ci fermiamo ad AFRERA dove salutiamo il nostro mitico cuoco Addis e il suo collaboratore.
Giungiamo in serata a Semera in un confortevole enorme albergo semivuoto, siamo un po’ stanchi ma anche nostalgici dei nostri campi sotto le stelle.
GIORNO 10 (domenica 7 gennaio): HALLOBAD-AWASH
La mattina visitiamo il campo geotermico di HALLOBAD (Alalobeda) dove passeggiamo tra piscine fumanti di acque di un azzurro intenso e altre pozze di fango ribollente. Luca ci spiega come si forma un campo geotermico: si crea una faglia ovvero una frattura della crosta che permette alle acque sotterranee riscaldate dal magma sottostante di emergere in superficie sottoforma di laghi bollenti o di gyser a seconda della pressione presente nel sottosuolo.
Siamo di nuovo in trasferimento verso il PARCO NAZIONALE DI AWASH, dove una bella sorpresa ci aspetta. Il resort dove passeremo la notte è immerso nel verde, piscine degradanti di acque termali calde si affacciano sul fiume Awash.
Ci immergiamo nelle acque calde e ristoratrici godendo del loro tepore e la vista spazia sul fiume dove si possono scorgere fra i cannetti dei coccodrilli. Ci si lascia cullare dalle acque ribollenti, avvolti dalla calda luce del tramonto finchè le prime stelle appaiono nel cielo che dal rosa tende al blu della notte.
GIORNO 11 (lunedi 8 gennaio): AWASH-ADDIS ABEBA-ITALIA
La mattina con non pochi compagni di viaggi acciaccati da malesseri vari, facciamo un breve giro nel parco di AWASH, dove vediamo qualche erbivoro e poi riprendiamo la via verso ADDIS. Facciamo tappa in un bel albergo-ristorante che si affaccia su un lago vulcanico salutiamo i nostri autisti che con gentilezza e simpatia ci hanno accompagnato in questo viaggio.
Un particolare ringraziamento per Belayne, corrispondete etiope per la sua professionalità e per Luca che che con passione e competenza ci ha fatto scoprire che dietro ogni roccia e ogni fenomeno naturale c’è una storia di migliaia di anni, davanti ai quali l’uomo non è che una infinitesima parte ma anche l’unica creatura in grado di comprendere la bellezza e la potenza della natura.
Elena Giovanella
(Port Sudan 10 marzo 2024)